Intorno al mondo con Dicky - Io sono Cuba
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a cura di Ricardo Preve
IO SONO CUBA
Capita spesso che una cosa sia “la cosa giusta” se viene
presentata nel momento giusto. Altrimenti, tutti i suoi pregi possono risultare
vani.
È questa la sorte che toccò a “Io sono Cuba”, film girato
nel 1964 con la regia di Michail Kalatozov, e la fotografia di Sergej
Urusevskij (ambedue russi). La coppia aveva già collaborato nel noto e
acclamato film “Quando volano le cicogne”, vincitore della Palma d’Oro come
miglior film a Cannes nel 1958.
Questa volta i due furono inviati a Cuba, insieme a una
troupe di tecnici russi, verso la fine del 1962: era il quinto anno del governo
di Fidel Castro, poco tempo dopo la fallita invasione del paese da parte delle
truppe anti-castriste, sconfitte nella Baia dei Maiali.
L’idea del progetto “Io sono Cuba” era quella di
sfruttare le conoscenze artistiche e tecniche dell’industria cinematografica
russa per promuovere la rivoluzione cubana. Essenzialmente, si trattava di fare
un film di propaganda comunista.
Ne venne fuori invece un film che fu subito “messo nel
freezer” tanto a l’Avana come a Mosca. I vertici politici cubani e sovietici
considerarono il film come poco efficace nel promuovere gli ideali del
comunismo, e troppo mite nella condanna del pre-vigente regime politico cubano,
quello del dittatore Fulgencio Batista, e dell’imperialismo americano.
I media cubani cominciarono a chiamare il film “Io non sono Cuba”, accusando Kalatozov di non aver correttamente capito lo spirito della rivoluzione cubana.
Per anni si pensò che tutte le copie del film fossero state distrutte. Come un mammut siberiano, “Io sono Cuba” era stato sepolto sotto un permafrost di critiche in qualche lontano angolo della Siberia, e nessuno credeva sarebbe mai risuscitato.
Ma ecco che la caduta del muro di Berlino aprì un’opportunità per recuperare un gioiello della settima arte. Francis Ford Coppola e Martin Scorsese viaggiarono a Mosca e rintracciarono una copia del film. Apparentemente, Scorsese disse che se avesse visto il film da giovane, sarebbe stato un regista molto diverso.
Ma perché questo film ha prodotto una simile impressione fra i registi, i critici, e gli entusiasti del cinema?
Credo si possa riassumere la forza di questo film con una frase: l’impiego della telecamera.
Solo guardando i primi 10 minuti del film (di una lunghezza totale di 2 ore e 20 minuti, un po’ troppo secondo me, nonostante la suddivisione in 4 capitoli) si scoprono delle immagini straordinarie.
Il film comincia con delle riprese fatte da un elicottero che sorvola Cuba. Gran parte delle riprese furono fatte con film bianco e nero infrarosso, un tipo di pellicola che cattura la luce nello spettro aldilà del rosso, qualcosa che non può vedere l’occhio umano. Il cielo e il mare appaiono neri, mentre le verdi palme risultano bianche nel film. Non so spiegare bene perché ma, in qualche modo, questa scelta estetica per le immagini a me pare affascinante.
Poi vediamo inquadrato, con la telecamera già a terra (sulla sponda del mare), la prima di una serie di angolature estreme che si succedono con regolarità nel film. La telecamera punta verso il cielo, rendendo enorme una croce che si mescola con delle snellissime palme: l’effetto visivo è a mio parere notevole.
La successiva sequenza d’immagini scaturisce dal
collocamento della telecamera vicinissima al dorso di un uomo che spinge (come
un gondoliere veneziano) una canoa attraverso le acque di un ruscello. Tutta
questa scena è minuziosamente coreografata in modo tale che l’obbiettivo
passerà vicinissimo a una serie di personaggi (per lo più povere donne che
lavano la biancheria) che appaiono alternativamente ad ambedue i lati della
canoa.
Poi subentra un brusco cambio di ritmo: viene ripreso un
concorso di bellezza che si svolge sul tetto di un albergo di lusso, con bellissime
ragazze in bikini che si muovono con sensualità al ritmo di una banda rock (si
comincia a capire a questo punto, credo, perché la troupe russa rimase a Cuba
più di 2 anni, probabilmente vivendo molto più spensieratamente, e divertendosi
molto di più che per qualunque film girato in Unione Sovietica… e si capisce al
tempo stesso, probabilmente, perché fossero meno inclini a criticare il regime
di Batista di quanto non avessero sperato le autorità cubane e sovietiche).
La telecamera poi scende lungo l’esterno dell’albergo (i
russi, e i loro colleghi cubani, costruirono un ascensore fatto in legno, ed
azionato con corde tirate a mano), senza nessun taglio del film, e,
successivamente, in una lunghissima sequenza compare una nuova serie
di personaggi che si trovano a bere, a divertirsi, e ad applaudire accanto a
una piscina.
Continuando a scendere, la telecamera si tuffa nella
piscina, ed esce dall’acqua un paio di volte senza che si formino gocce sulla
lente (per questa ripresa si usò il periscopio di un sommergibile sovietico: la
lente era appositamente trattata per evitare la formazione di gocce sul vetro).
Potrei citare moltissimi altri esempi che fanno di questo
film un caso unico nella storia della cinematografia: ma prendetevi un quarto
d’ora per vedere qualche brano voi stessi (si trova su You Tube: https://www.youtube.com/watch?v=Y3HpI898dwg),
per costruirvi voi la vostra opinione.
Comunque sia per coloro, come me, che lavorano
nel mondo del cinema, “Io sono Cuba” è un film mitico.
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recensioni
Mario
20 Mag 2022
Ho dato un'occhiata a qualche sequenza del film, penso che lo vedrò con attenzione nel we. E' affascinante! Mi ricorda molto certo cinema italiano di quegli anni, Antonioni in primo luogo, ma con una forza espressiva e straniante ancora più forte (eredità dell'avanguardia russa?). Sono capitato davanti alla scenda del killer sul tetto, incredibile.
Valeria
08 Mag 2022
Grazie Dicky di questo piccolo ritaglio di storia contemporanea: davvero affascinante scoprire assieme a te punti di vista per noi del tutto inesplorati!