Intorno al mondo con Dicky - Cartoline dall'Argenrina: argento
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a cura di Ricardo Preve
Questo articolo è il quinto di una serie di cinque scritti originalmente per il Los Angeles Times in spagnolo.
CARTOLINE DALL'ARGENTINA: ARGENTO
Esiste
un enorme estuario dai riflessi dorati e argentei che si estende, quasi come se
fosse infinito, ai lati della grande città di Buenos Aires, capitale
dell’Argentina.
È
un vasto specchio d’acqua, tecnicamente un fiume (anche se sembra più un mare):
il Rio de la Plata, che in spagnolo vuol dire “fiume dell’argento.” Originato dalla
confluenza di due altri fiumi, il Parana e l’Uruguay, che drenano le terre
della parte più meridionale dell’America del Sud, questo enorme e largo
estuario che sbocca nell’Oceano Atlantico deve il suo nome non solo al colore
delle sue acque.
Sin
dall’arrivo dei primi “conquistadores” spagnoli, a principio del secolo
XVI, questo fiume che divide l’Argentina dall’Uruguay è stato una promessa di
grandi ricchezze. Gli spagnoli arrivarono a queste terre alla ricerca di un
grande re che, secondo quel che raccontavano gli indigeni locali, viveva
all’interno del continente, e regnava su magnifiche città piene di oro e
argento.
Ma
già dall’inizio della storia di questo tormentato angolo del mondo, la contraddizione
fra i sogni e la realtà si fece evidente. Le prime spedizioni spagnole per
conquistare la regione finirono in un fallimento, di fronte alla feroce
resistenza presentata dai popoli originari che abitavano le sponde del Rio de
la Plata.
Nel
1516 Juan Diaz di Solis si addentrò lungo il fiume sino a sbarcare vicino
all’attuale città di Colonia in Uruguay. Lì, lui e i suoi uomini furono vittima
di un attacco da parte degli indigeni. L’unico sopravvissuto fu un marinaio di
14 anni, Francisco Del Puerto, che fu poi ritrovato nel corso della successiva
spedizione del veneto Sebastian Caboto. Questi arrivò al Rio de la Plata nel
1527, e ascoltò da Del Puerto favolose storie, apprese dagli indiani, di enormi
giacimenti d’argento nelle montagne nell’interno dell’Argentina. E così la
leggenda, e la disperata ricerca di tesori d’argento, continuò per molto tempo.
Il
colore a il grado di salinità del Rio de la Plata cambiano con le stagioni. Nei
freddi inverni, quando le grandi mareggiate e forti venti dal sudest spingono
l’acqua salata del mare verso l’interno della larga bocca del fiume, questo
diventa di colore verde-blu, e il confine fra fiume e oceano si addentra
nell’estuario per decine di kilometri.
Durante
l’estate, le grandi precipitazioni della stagione delle piogge nel nord
dell’Argentina, e anche in Paraguay e Brasile, aumentano i flussi d’acqua dolce
degli affluenti del Rio de la Plata, e l’acqua del fiume, carica di sabbia e di
fango, prende il caratteristico colore dorato. Con le inondazioni scendono
anche molti alberi strappati alle foreste tropicali che crescono sulle sponde
dei fiumi argentini, ed anche delle piante galleggianti che qui chiamano “camalotes”.
E sopra queste piante strappate dal fiume, non è raro trovare animali come
scimmie, o vipere, improvvisati viaggiatori fluviali trascinati dalle acque
veloci.
Con
il trascorrere dei secoli, la chimera delle montagne d’argento andò sfumando.
Ma in questa parte del mondo, come in tante altre, il sogno di diventare ricco
attraverso il commercio fluviale reso possibile dal largo fiume che dava il
benvenuto prima ai grandi velieri, e poi ai vapori che arrivavano da tutti i
mari del mondo, continua vivo ancora oggi.
Sino
a ben gran parte del secolo XX, la dogana argentina, installata nella capitale
e gran porto di Buenos Aires, fu l’imbuto attraverso il quale tutto quello che
arrivava in Argentina, e ne usciva da essa, doveva passare. Stoffe pregiate ed
eleganti mobili europei importati, e carne e grano argentino esportato, tutto
quello che viaggiava sul largo e dorato fiume doveva pagare un pedaggio che
arricchiva pochi, e impoveriva il resto del paese. La corruzione si fece
endemica nella società argentina, e questo problema perdura anocra oggi.
I
miei nonni ungheresi, arrivati al porto di Buenos Aires alla fine della Seconda
Guerra Mondiale come rifugiati, furono derubati di tutta la loro argenteria
appena misero piede sul molo. Un’avvertenza per loro che qui in questa grande
città, che è in molti sensi incantevole, la ricerca della ricchezza
(simboleggiata nel passato dall’argento), sia da parte dei poveri che rubano
per non morire di fame, come da parte dei politici che nascondono le loro
disoneste fortune nascoste in paradisi fiscali, continua ad ossessionare i
sogni e le energie di tanti.
Mi
tocca adesso chiudere questa collana di articoli, “Cartoline Argentine”, che ho
avuto il privilegio di scrivere. Voglio dirvi che questa mia amata Argentina,
con tuti i suoi problemi e difetti, continua ad essere un posto unico e
meraviglioso che vi invito a conoscere. Sia per le sue immense “pampas”, o per
i fiumi e le paludi del centro del paese, o per i cieli infinitamente blu della
Patagonia, o per le argentee nevi della Tierra del Fuego, questa è una terra
che merita di essere conosciuta. Viva l’Argentina!
4
recensioni
21 Dic 2021
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Mario
28 Nov 2021
Viva l'Argentina!
Paola barucco
28 Nov 2021
Articolo fantastico e bellissime foto. Grande voglia di visitare l'Argentina. Grazie!
Valeria
28 Nov 2021
Grazie Dicky, è stato entusiasmante per me lasciarmi guidare attraverso questi cinque racconti nel tuo paese natale, di cui ci hai fatto sentire a distanza il respiro, come di un gigante addormentato. Mi è piaciuto perdermi lungo i fiumi, nelle pampas, e mi piacerebbe ancor di più perdermici dal vivo!
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