Intorno al mondo con Dicky - Il Tango per me
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a cura di Ricardo Preve
COSA SIGNIFICA IL TANGO PER ME
Sono cresciuto negli anni 60 e 70 in Argentina (salvo una breve parentesi a Genova dal 1967 al 1970), e la musica e il ballo sono stati in quel momento una parte importante nella mia vita, come per tanti altri adolescenti nel mondo.
Emigrato negli Stati Uniti nel 1976, mi sentivo chiedere dagli americani domande che mi lasciavano intendere che per loro io dovessi essere un appassionato, in quanto argentino, di due cose: il polo, e il tango.
Dovevo spiegare ai miei interlocutori che il polo era (ed è) uno sport riservato ai pochissimi che hanno i soldi per farlo, e questo i miei ospiti americani lo capivano bene. Le ragioni con cui motivavo il disinteresse per il polo da parte della maggioranza degli argentini erano accettate come logiche: se non ti potevi comperare una dozzina di cavalli per giocare, non era uno sport per te.
Ma gli americani erano molto più perplessi nel venire a sapere che il tango, per la mia generazione, era un qualcosa di ancora meno diffuso di quanto non fosse il polo, una forma di musica (e di ballo, ma della differenza fra queste due cose ne parlerò sotto) quasi sconosciuta ai giovani della mia generazione.
Per noi, appassionati dei Beatles e dei Rolling Stones; del rock degli USA; e anche della musica rock argentina, il tango rappresentava tutto quello che a noi non piaceva: l’antica società argentina con le sue discriminazioni e pregiudizi (sul punto di essere spazzata via dai movimenti di rivolta studenteschi), la cultura tradizionale e nazionalista e, soprattutto, l’impressione che il tango fosse “la musica dei vecchi”.
In quei anni in cui non ci fidavamo di nessuno che fosse aldilà dei 30 anni, forse la cosa che più ci distanziava dal tango era questa faccenda dell’età: i miei amici ed io volevamo essere moderni e europei o americani (se eravamo di destra), o moderni e rivoluzionari (se eravamo di sinistra). In nessun modo volevamo essere visti come persone anziane. E, in quegli anni, gli unici che ballavano o ascoltavano il tango erano gli anziani.
L’immagine che io ho del tango dagli anni della mia gioventù è quella di una coppietta di vecchi che balla il tango in una apposita sala da ballo quasi deserta: l’uomo vestito con giacca e cravatta scura, la camicia bianca, le scarpe nere luccicanti, e ben pettinato. La donna, vestita di un abito scuro, le calze nere a maglia, e le scarpe con tacchi. Un’immagine di un passato già quasi sparito persino in quell’epoca.
Intanto i miei amici ed io avevamo i cappelli lunghi (i miei sembravano quelli di Jimmy Hendrix, il che mi piaceva), indossavamo una maglietta qualsiasi (si preferivano quelle che fossero scioccanti), i blue jeans logori (se avevano buchi, meglio), e le scarpe da tennis sporche.
Diciamo che noi vedevamo il tango come una rappresentazione dell’Argentina vecchia e in vie di estinzione, e il rock (straniero o argentino) come il futuro della musica, e del mondo. Se ti piaceva una ragazza, e parlavi con lei di musica, solo menzionare il tango ti avrebbe chiuso tutte le porte.
Per molti anni fu cosi nella mia vita sino a che, ai primi del 2000, fui il produttore di un documentario che si chiamò “Tango, Un Giro Strano”, diretto dalla mia amica Mercedes Garcia Guevara. Era un film che raccontava delle nuove generazioni di musici e ballerini di tango, e si può vedere (in una qualità d’immagine abbastanza deludente) su You Tube:
È in spagnolo ma, per vedere un collage d’immagini e musica senza parole, potete guardare da 1 ora 14 minuti e mezzo dall’inizio, sino alla fine del film.
In un primo momento, ero in dubbio se lasciarmi coinvolgere su un film che rappresentava una forma di espressione musicale con la quale io avevo avuto un conflitto da giovane. Ma, per fortuna, vinsi questa mia resistenza iniziale, e finii così con lo scoprire quanto il tango fosse cambiato mentre io invecchiavo. Ed oggi è una forma d’espressione artistica molto apprezzata dalle nuove generazioni di argentini.
Attenti, non tutto è oro ciò che brilla. Si corre facilmente il rischio di ritrovarsi a vedere uno spettacolo di tango fatto esclusivamente per turisti, in cui vedrete una coppia di ballerini che eseguono acrobazie degne di un circo (lui che lancia a lei in aria e la riprende nelle braccia prima che cada per terra, etc.), ma che hanno poco a che vedere con il vero tango. Sarete circondati, nei tavolini accanto al vostro, da turisti giapponesi che applaudiranno con entusiasmo sfrenato e, dopo che la cena vi sarà servita, gli impiegati di cucina boliviani lasceranno le pentole e padelle e saliranno sul palcoscenico per offrirvi canzoni delle Ande. Insomma, poi non dite che non vi ho avvertito…
Ma è anche possibile oggi di andare in certe “milongas” (nome che usiamo per chiamare i locali in cui si balla il tango) nelle quali vedrete gente giovane che balla il tango, alcuni anche molto bene. Vi sarà un insieme degli stessi “vecchi” vestiti all’usanza antica che tanto aborrivo da giovane (ormai, sono più vecchio io che loro), e di giovani che ballano il tango (e questo io lo ho visto) con una maschera di gas, coi cappelli stile mohawk arancioni, o che giocano con un pallone di calcio mentre ballano.
Finisco queste righe con un commento su quello che sono, veramente, due aspetti separati del tango. Uno è il ballo, che è forse quello che gli stranieri più associano con il tango. Ma per noi argentini, il tango è anche musica: musica che si può ascoltare su Spotify con le cuffie mentre aspettiamo l’autobus, musica che si sente quando camminiamo per una strada di Buenos Aires e passiamo di fronte a un negozio aperto, o musica che suona nella radio del taxi che ci porta all’aeroporto per tornare in Italia.
Alla fine mi rendo conto che il tango, dopo tutto, è sempre stato dentro di me e, per fortuna, non mi ha mai lasciato.
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recensioni
Marta Profumo
02 Gen 2022
Grazie Diki per questo tuo scritto. Mi ha fatto riflettere su tanti aspetti che da ‘giovane’ ho condiviso anch’io con te dalla sponda europea del mondo. Ora è bello sentire che lo hai un po’ nel cuore e che .. hai fatto contenta la nostra presidentessa ! Buon Anno a tutti💃
Valeria
31 Dic 2021
Grazie Dicky di aver esaudito questo mio desiderio:D! Mi sono arresa troppo presto alle difficoltà del tango - che ho ballato per circa tre anni - ma continua ad affascinarmi, così come mi affascina e mi seduce la sua musica…. Accanto alle tue “cartoline argentine“ qualche riga sul tango non poteva davvero mancare!
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