Intorno al mondo con Dicky: Cartoline dall'Argentina - Fuoco
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a cura di Ricardo Preve
Questo articolo è il terzo di una serie di cinque scritti originalmente per il Los Angeles Times in spagnolo.
CARTOLINE DALL'ARGENTINA: FUOCO
Gli incendi delle foreste sono sempre stati un problema cronico
in Argentina, anche prima dell’indipendenza. È probabile che data l’enorme
estensione territoriale (questo paese è l'ottavo al mondo per superficie, con
più di 3,7 milioni di kilometri quadrati), durante l’epoca coloniale si sia
fatto poco per controllare gli incendi nelle pianure conosciute come le
“pampas”.
Con l’indipendenza arrivarono anche gli immigranti europei:
secondo l’università nazionale Tres de Febrero, l'Argentina accolse 4 milioni
di italiani e spagnoli fra il 1881 e il 1914. Io stesso, come molti altri
argentini, sono nato in seno a quest’ondata immigratoria, sebbene il mio sia un
caso più recente: mio padre italiano, e mia madre ungherese, si incontrarono in
Argentina come rifugiati in seguito alla Seconda Guerra Mondiale.
La veloce urbanizzazione dell’Argentina ha cambiato la
percezione del problema degli incendi fra gli abitanti. Sicché mi sono
riproposto di studiare questo tema durante la mia attuale visita a questo paese
in cui sono nato.
Secondo l’Associazione dei Vigili del Fuoco della Repubblica
Argentina, il primo corpo di vigili del fuoco formalmente organizzato si
costituì nel 1884 fra gli immigranti italiani che vivevano nel quartiere della
Boca, a Buenos Aires. In quell'epoca le case erano quasi tutte di legno, o di altri
materiali infiammabili, e pertanto la comunità si organizzò per proteggere le
proprie abitazioni nelle grandi città dagli incendi, che succedevano
frequentemente.
Ma il problema degli incendi continua a imperversare nelle zone rurali dell’Argentina. Nel mese del mio arrivo (Settembre 2021) a Buenos Aires, il rapporto di incendi del Ministero del Medio Ambiente e Sviluppo Sostenibile indicava la presenza di incendi attivi nelle regioni di San Luis, La Rioja, e Santa Fe; e un incendio contenuto a Catamarca. Queste sono regioni povere, nelle quali i governi locali si ritrovano con scarse risorse da gestire per la difesa dell'ambiente.
Questi incendi hanno conseguenze rilevanti quando colpiscono zone altamente sensibili per l’economia del paese. Per esempio, nella zona di Bariloche o in altre città della Patagonia che dipendevano dal turismo di lusso (prima del Covid), una serie di incendi a Marzo 2021 ha coinvolto vaste aree della zona, nelle regioni di Chubut e Rio Negro, causando una forte preoccupazione nell’industria turistica.
In questi casi, la polemica su quale politiche perseguire per prevenire gli incendi invade i mezzi di comunicazione sino a che, analogamente a quanto avviene per gli incendi, la controversia si spegne col passare del tempo. E non vengono mai proposte né tanto meno adottate soluzioni strutturali, con effetti stabili nel tempo, che possano cambiare la realtà del paese.
Il fuoco come metafora di un elemento trasformatore è una risorsa narrativa di uso frequente nel cinema argentino. Il mio amico Gaston Pauls fu nel 2005 il protagonista del film “Illuminati dal Fuoco”, con la regia dell'attuale ministro della cultura argentino, il regista Tristan Bauer.
Il film è ambientato ai tempi del conflitto che l’Argentina ebbe con il Regno Unito all'inizio degli anni 80 per il controllo delle isole Malvinas. La sconfitta militare argentina che ne risultò ebbe fra le altre conseguenze le morte di molti giovani argentini sotto il fuoco nemico, evento di pochi anni successivo a quelli che già erano stati segnati a fuoco nell'immaginario nazionale: la dittatura militare (1976-1983), che causò la morte di decine di migliaia di persone, molte delle quali oggi continuano ad essere disperse, senza che i loro corpi siano mai stati recuperati.
Un altro capitolo nella lunga iconografia "ignea" del mio paese si può trovare nell’epopea che qui si conosce come “l’esodo di Tucuman.” Nel 1812, durante la guerra d’indipendenza contro la Spagna, il generale argentino Manuel Belgrano, uno degli eroi delle nostre lotte irredentiste, usò la strategia della “terra bruciata” di fronte all’avanzata degli eserciti spagnoli. Belgrano si ritirò dal nord dell’Argentina, dove la frontiera era sotto gli attacchi delle forze del Re di Spagna, ripiegando verso la regione centrale di Tucuman. Come molti altri eserciti che usarono gli spazi vuoti di un teatro di battaglia per sconfiggere un esercito più potente, e numericamente superiore, Belgrano ottenne con le fiaccole quello che i cannoni non gli potevano dare, incendiando tutto dietro il suo esercito in ritirata.
Anche la mia storia personale ha a che vedere con il
fuoco. Ho passato parte della mia infanzia nella regione di Salta, nel
nordovest del paese. Lì sono cresciuto in una tenuta agricola situata negli
immensi boschi che coprivano le valli della zona. Fra le specie di alberi che
crescevano nei boschi c’erano i “quebracho”: quest’albero del genere Schinopsis
è famoso per il suo durissimo legno che tarda molto a prendere fuoco ma che,
una volta acceso, brucia per molto tempo.
Ricordo quando in Argentina, alcuni decenni orsono fa, la
coltivazione della soia fece la sua rapida irruzione nell’agricoltura locale. Gli
agricoltori impazzirono con i favolosi guadagni che erano possibili con la
coltivazione di questo nuovo “oro verde”, come alcuni lo chiamarono. Ebbene,
gli immensi boschi della mia amata Salta furono incendiati per essere
soppiantati dalla soia. Di notte guardavo i quebracho che bruciavano e non
si spegnevano mai, gigantesche fiaccole arancioni che tagliavano la notte come
coltelli puntati verso le stelle del cielo argentino.
Vulcano, il dio del fuoco, era uno degli dei più antichi
della mitologia romana. I suoi riti andarono trasformandosi col trascorrere dei
secoli, adattandosi ai cambiamenti sociali del decadente impero romano, sino ad
indentificarsi con la divinità greca Efesto. Allo stesso modo, il fuoco come
elemento di trasformazione assume di continuo nuovi ruoli nella società
argentina, adattandosi a uno scenario politico in costante evoluzione, ma
sempre ancorato alle sue roventi radici che non possiamo ignorare.
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