Intorno al mondo con Dicky -Pier Paolo Pasolini
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a cura di Ricardo Preve
ALCUNI
APPUNTI SUL LIBRO “IL FASCISMO DEGLI ANTIFASCISTI” DI PIER PAOLO PASOLINI
Recentemente
sono stato al Palazzo Ducale di Genova per una mostra di fotografie su Pier
Paolo Pasolini.
Mi
è piaciuta, sebbene abbia trovato un po’ deludente l’assenza di qualunque
riferimento all’assassinio di Pasolini, un fatto non ancora pienamente chiarito
dalle indagini giudiziarie. Fatto che potrebbe avere attinenza
con personaggi e relazioni dell’ambiente politico e la cui
rivelazione ancora oggi risulterebbe scomoda a qualcuno: per questo sarebbe
stato interessante trovarne un’eco nella mostra attraverso le molte fotografie
disponibili della scena del crimine.
All’uscita
della mostra, come avviene in tanti altri musei, ho trovato la libreria che, in
questo caso, ha in vendita una serie di libri tascabili con brani di diverse
opere di Pasolini. Io, interessato più agli studi storici che a quelli
prettamente letterari, ho acquistato “Il fascismo degli antifascisti”, un
opuscolo di meno di cento pagine, con l’idea di conoscere meglio lo stile ed il
pensiero dello scrittore bolognese.
Credo
che una delle qualità che ha fatto di Pasolini una delle personalità più
importanti della cultura italiana del secolo scorso sia quella di avere avuto
idee molto chiare sui grandi temi della società italiana del suo tempo. E anche
di esprimerle in modo molto eloquente, attraverso sia la poesia che il cinema,
o l’attività giornalistica.
Si
può essere o non essere d’accordo con Pasolini, ma difficilmente si può
ignorare il suo punto di vista sullo specifico argomento.
Il
messaggio che Pasolini vuole esprimere nella mezza dozzina di saggi del libro è
che il fascismo non è morto: si è solo trasformato. Per Pasolini la violenza,
l’ignoranza, il disprezzo del fascismo si perpetua economicamente attraverso la
nuova (all’epoca, stiamo parlando di scritti dal 1962 al 1975) società di
consumo che de-umanizza le persone, riducendole a semplici consumatori di beni
e di servizi.
Politicamente,
Pasolini vede nella Democrazia Cristiana dell’epoca, e in quasi tutti i partiti
politici del suo tempo, un perdurare della corruzione, delle bugie, e delle
truffe dei potenti verso il popolo.
Pasolini
sembra quasi esprimere una preferenza per il fascismo antico, quello fatto di
simboli (uniformi, parate militari, monumenti, discorsi, etc.), più facile da
riconoscere e quindi, secondo lui, meno insidioso: “Si può parlare per ore con
un giovane fascista dinamitardo e non accorgersi che è un fascista. Mentre solo
fino a dieci anni fa bastava non dico una parola, ma uno sguardo, per
distinguerlo e riconoscerlo.”
Tutto
qui, in fondo. Forse ci sarebbe solo da aggiungere che Pasolini, fedele al suo
amore per i dialetti, per le tradizioni contadine della campagna italiana, e
per una società più giusta e umana come quella che incrociava, bambino, nelle
sue estati in Friuli a Casarsa (il paese d’origine di sua madre), ne rimpiange
l’assenza nel suo presente da adulto.
Un
pensiero comune a tutti quelli al di sopra di una certa età. Scritti in alcuni
casi solo pochi mesi prima della sua morte, forse i ragionamenti di Pasolini
presentivano la sua triste e violenta fine, e con essi Pasolini cercava di
alzare la voce e raccontare le storie che ci voleva lasciare prima che la sua
penna giacesse abbattuta, come il suo corpo esamine sulla spiaggia di Ostia.
“Il
successo è, per una vita morale e sentimentale, qualcosa di orrendo, e
basta.” Da un
articolo per “Vie Nuove”, 6 settembre 1962.
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recensioni
Mario
02 Mag 2022
Caro Ricardo, credo che tu abbia fatto la cosa più saggia per affrontare Pasolini: leggerlo. Da quasi mezzo secolo in Italia si parla tantissimo di lui, ma lo si legge molto raramente. Ho deciso di seguire il tuo esempio, e stasera comincio a leggere qualcosa pure io: ho appena scaricato Teorema, che tra l'altro è un romanzo scritto durante la lavorazione del film omonimo. Spero che avremo occasione di parlarne assieme, e con tutti gli amici del nostro Club.
Patrizia Veroli
01 Mag 2022
Caro Dicky, ti ho ringraziato nella chat, ma voglio farlo anche qui. Non ci conosciamo di persona. È confortante ancora una volta capire come certi messaggi non passano, anche se la persona che li ha trasmessi non c'è più. Ero ragazza quando Pasolini scriveva i suoi articoli molti dei quali, ad esempio quello contro l'aborto, all'epoca sembravano incondivisibili a chi come me cercava di evadere dalle sbarre di una chiusa educazione cattolica. Eppure quell'uomo emanava un fascino grandissimo, perché si percepiva la coerenza, il dolore di vivere, l'umiltà e il coraggio. Aveva la forza e la fragilità di un innocente, e aveva scelto di difendersi solo colle sue idee, un baluardo fragilissimo davvero. È morto come un martire, in fondo, e credo sapesse bene i pericoli che correva. Anni dopo sono stata a visitare la sua tomba a Casarsa, nel Friuli, in un piccolo cimitero di campagna, dove il suo corpo, a terra, coperto da una lastra di marmo, è vicino a quello di un fratello ucciso durante la guerra civile. Quel luogo aveva una poesia simile a quella del misero memoriale laico deposto sul luogo dell'assassinio, e questo mi conforto'.