Le vostre opinioni su AUTOBIOGRAFIA IN MOVIMENTO
I LIBRI CHE ABBIAMO LETTO
5 recensioni
Claudia
18 Mar 2025
Ciascuna di noi credo si possa sentire coinvolta dal flusso dei ricordi e delle vicende reali o visionarie raccontate nell’autobiografia di Deborah Levy. Chi è madre potrà ritrovarsi nell’amore e nelle problematiche delle figlie. Chi ha amato, ha abbandonato o è stata abbandonata potrà godere e soffrire del racconto dei suoi amori. Chi è libera avrà goduto della sua libertà. Ma il bello è che, anche chi non ha vissuto personalmente queste esperienze potrà soffrirne e goderne con semplicità ed ironia, ma anche con la preziosa compagnia dei suoi tanti riferimenti letterari e filosofici.
Da parte mia, ho apprezzato particolarmente “Beni immobili” per il continuo riferirsi ai suoi “sogni immobiliari” che anch’io condivido. Li chiamo da tempo “deliri immobiliari” (con ciò riconoscendone la natura in parte psicopatologica) ed hanno accompagnato le varie fasi ed età della mia vita (e, in minor misura, l’entità del mio portafoglio).
La casa per molti/e di noi rappresenta una metafora di stabilità, di affetti, di realizzazione della propria creatività.
Una rivelazione per me il riferimento a Gaston Bachelard:
“forse è bene conservare qualche sogno di una casa in cui vivremo più avanti, sempre più avanti, tanto da non avere il tempo di realizzarlo.”
Cosa ne pensano le nostre architette?
Da parte mia, ho apprezzato particolarmente “Beni immobili” per il continuo riferirsi ai suoi “sogni immobiliari” che anch’io condivido. Li chiamo da tempo “deliri immobiliari” (con ciò riconoscendone la natura in parte psicopatologica) ed hanno accompagnato le varie fasi ed età della mia vita (e, in minor misura, l’entità del mio portafoglio).
La casa per molti/e di noi rappresenta una metafora di stabilità, di affetti, di realizzazione della propria creatività.
Una rivelazione per me il riferimento a Gaston Bachelard:
“forse è bene conservare qualche sogno di una casa in cui vivremo più avanti, sempre più avanti, tanto da non avere il tempo di realizzarlo.”
Cosa ne pensano le nostre architette?
Gianna
16 Mar 2025
Voto 4 1/2.
Un racconto lungo quanto la vita della narratrice che si dipana nei tre volumi Things I Don’t Want to Know, The Cost of Living e Real Estate con ritmo veloce e linguaggio diretto. Con abilità tecnica passato e presente si susseguono in modo armonioso e gli episodi narrati spesso con ironia e humour ci trasportano nel mondo della narratrice di cui senza noia, ne’ stanchezza, condividiamo principi ed idee: ciò che significa essere una donna in un mondo per uomini. Things I Don’t Want to Know mi ha catturato per il racconto della vita in Sudafrica visto attraverso i suoi occhi di bambina. L’immagine del pupazzo di neve fatto col papà prima del suo arresto per l’attività politica anti-apartheid assume un profondo significato metaforico e scandisce la frattura fra il prima e il dopo nella sua vita. Quando si scioglie, la gioia lascia lascia il posto a un senso di mancanza, frustrazione e incomprensione, ma anche a un sentimento irriducibile di insofferenza e ribellione per regole inaccettabili
Real Estate è il volume che forse mi è piaciuto di più e ho condiviso sogni e ansie dell’autrice . Mi sono ritrovata nelle numerosissime citazioni da testi di autori familiari e nei luoghi degli spostamenti sempre più frequenti con il crescere della sua popolarità. Tutto contribuisce alla costruzione dei suoi testi, con il suo sguardo spesso dolente, ma sempre curioso e arguto sulla vita e sul mondo.
Un racconto lungo quanto la vita della narratrice che si dipana nei tre volumi Things I Don’t Want to Know, The Cost of Living e Real Estate con ritmo veloce e linguaggio diretto. Con abilità tecnica passato e presente si susseguono in modo armonioso e gli episodi narrati spesso con ironia e humour ci trasportano nel mondo della narratrice di cui senza noia, ne’ stanchezza, condividiamo principi ed idee: ciò che significa essere una donna in un mondo per uomini. Things I Don’t Want to Know mi ha catturato per il racconto della vita in Sudafrica visto attraverso i suoi occhi di bambina. L’immagine del pupazzo di neve fatto col papà prima del suo arresto per l’attività politica anti-apartheid assume un profondo significato metaforico e scandisce la frattura fra il prima e il dopo nella sua vita. Quando si scioglie, la gioia lascia lascia il posto a un senso di mancanza, frustrazione e incomprensione, ma anche a un sentimento irriducibile di insofferenza e ribellione per regole inaccettabili
Real Estate è il volume che forse mi è piaciuto di più e ho condiviso sogni e ansie dell’autrice . Mi sono ritrovata nelle numerosissime citazioni da testi di autori familiari e nei luoghi degli spostamenti sempre più frequenti con il crescere della sua popolarità. Tutto contribuisce alla costruzione dei suoi testi, con il suo sguardo spesso dolente, ma sempre curioso e arguto sulla vita e sul mondo.
Emma
09 Feb 2025
Deborah Levy con la sua autobiografia in movimento riesce ancora a farci amare il memoir e a credere nel potere terapeutico della letteratura. Con la sua voce, in prima persona attraversa nei tre volumi la sua storia dall'infanzia in Sudafrica al trasferimento in Inghilterra fino all'amore per la vastità del mare nell'isola di Hydra. Un racconto scandito dalle età dell'autrice e dalle sfide che decide di accettare e portare avanti con determinazione anche quando vogliono piegare la creatività della scrittura ai conto da pagare ogni mese. Ho amato molto Il costo della vita, forse perché ne condivido l'età anagrafica e a 50anni invece di pensare a riposarsi sfodera le sue energie e diventa più forte perché "La libertà non è mai gratuita. Chiunque abbia lottato per essere libero sa qual'è il prezzo da pagare"
Valeria
22 Gen 2025
Ebbene sì 4 stelle, in ogni caso non meno di 3 e mezzo..
Certamente un memoir che può piacere a pochi (anzi: a poche), fatto come è di veloci schizzi, dislocati in un arco temporale che possiamo misurare (si parte dall’infanzia sudafricana dell’autrice, nel primo volume e si arriva a un soggiorno in Grecia, all’alba dei suoi 60 anni) ma che l’autrice non ha la pretesa di percorrere a un passo regolare e con regolare elargizione di dettagli.
Direi più un diario intimo, zeppo tra l’altro di citazioni letterarie e non (c’è pure, ad esempio, una lunga digressione su Leonard Cohen), che ruota intorno ai temi del distacco (la separazione dal marito, la morte della madre, l’inevitabile abbandono del nido da parte delle figlie) della creatività (la scrittura, per lei), del femminile, delle relazioni, dell’anelito a un luogo fisico che faccia da perno alla nostra vita.
Temi che per una donna sono cruciali nella fase della vita che io sto attraversando e che per questo mi hanno coinvolta e appassionata. Infine la familiarità coi luoghi in cui le sue riflessioni si collocano e che con esse instaurano un profondo dialogo (il Sudafrica, Londra, Parigi ed infine l’isola di Hydra) me lo hanno fatto amare ancora di più
Certamente un memoir che può piacere a pochi (anzi: a poche), fatto come è di veloci schizzi, dislocati in un arco temporale che possiamo misurare (si parte dall’infanzia sudafricana dell’autrice, nel primo volume e si arriva a un soggiorno in Grecia, all’alba dei suoi 60 anni) ma che l’autrice non ha la pretesa di percorrere a un passo regolare e con regolare elargizione di dettagli.
Direi più un diario intimo, zeppo tra l’altro di citazioni letterarie e non (c’è pure, ad esempio, una lunga digressione su Leonard Cohen), che ruota intorno ai temi del distacco (la separazione dal marito, la morte della madre, l’inevitabile abbandono del nido da parte delle figlie) della creatività (la scrittura, per lei), del femminile, delle relazioni, dell’anelito a un luogo fisico che faccia da perno alla nostra vita.
Temi che per una donna sono cruciali nella fase della vita che io sto attraversando e che per questo mi hanno coinvolta e appassionata. Infine la familiarità coi luoghi in cui le sue riflessioni si collocano e che con esse instaurano un profondo dialogo (il Sudafrica, Londra, Parigi ed infine l’isola di Hydra) me lo hanno fatto amare ancora di più
Paola
28 Nov 2024
Il sottotitolo di questa autobiografia potrebbe essere "Come sopravvivere ad una vita non lineare" : con una scrittura cristallina e tono sempre lieve, Deborah Levy ci racconta i suoi 40, 50 e 60 anni, e come abbia sempre galleggiato fra varie tempeste (lunga detenzione del padre attivista antiapartheid in Sudafrica, sradicamento dal suo paese natio per il trasferimento in Inghilterra deciso dai genitori, suo divorzio e conseguenti dissoluzione famigliare e difficoltà economiche, lutti), grazie alle sue passioni, per la letteratura e per la scrittura innanzitutto, ma anche per cose molto più ordinarie (le bici elettriche, il mare della Grecia, Parigi, per fare qualche esempio...), e grazie alla capacità di realizzare i suoi sogni, grandi o piccoli che fossero, in totale autonomia. Assolutamente imperdibili le innumerevoli citazioni letterarie disseminate nei tre capitoli dell'autobiografie, mai scontate, sempre terapeutiche perché davvero arricchenti, dei veri e propri regali da parte dell' autrice che, come serenamente dichiara, proprio grazie a quei libri ha superato le fasi critiche della sua esistenza.