Intorno al mondo con Dicky - Steinbeck e la California - gli scompaginati

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Intorno al mondo con Dicky - Steinbeck e la California

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a cura di Ricardo Preve
STEINBECK E LA CALIFORNIA
Lo scrittore americano John Steinbeck (1902 – 1968), vincitore del Premio Pulitzer nel 1940, e del Nobel per la Letteratura nel 1962, era chiaramente un figlio della California del Nord, regione degli USA in cui nacque.
 
Al contrario del suo collega e contemporaneo Ernest Hemingway, a cui piaceva scrivere storie ambientate un po’ in tutto il mondo, Steinbeck era più legato alle sue origini, e molti dei suoi libri avrebbero avuto per lo meno un parziale riferimento alla California.
I suoi monumentali e famosi romanzi “Furore” (1939), e “La Valle dell’Eden” (1952), hanno entrambi la California come teatro della maggioranza degli avvenimenti.

Volevo però segnalarvi alcuni altri libri di Steinbeck, meno conosciuti, che ci aiutano a capire chi fosse, e come il contesto in cui visse abbia influenzato il suo lavoro.
Non mi risulta che ci sia un’edizione italiana di “The Red Pony” (1933), titolo che si tradurrebbe come “Il Pony Rosso”. So che il libro è stato tradotto in francese, e pubblicato da Gallimard nel 1946.

Questo breve romanzo è fra i primi scritti da Steinbeck e forse per questo, essendone l’autore un uomo ancora giovane, fa riferimento all’infanzia dello scrittore. Nel momento in cui scriveva i primi capitoli, Steinbeck (nell’opinione della Dott.ssa Susan Shillinglaw della San Jose State University, secondo quanto si legge nella rivista dello Steinbeck Institute) era molto impegnato a curare sua madre, all’epoca gravemente ammalata.
Mi chiedo se si debba a questo il carattere del personaggio della madre, che è ritratta come molto dolce e comprensiva nei confronti di suo figlio Jody, il bambino protagonista della storia. Questa si svolge in un ranch vicino a Salinas (il paese natale di Steinbeck), e il pony rosso del titolo del romanzo ha un corrispettivo nella vita reale: quando Steinbeck aveva 4 anni, i genitori gli regalarono un pony Shetland.
Sono evidenti le analogie fra i primi anni di vita di Jody, e l’infanzia passata da Steinbeck nel ranch della sua famiglia materna, gli Hamilton. E leggendo il libro, mi è sembrato di aver intravvisto immagini, dettagli, piccole note di colore o emozioni, che più tardi riaffiorano in altri libri di Steinbeck.
Passo a considerare altri due lavori di Steinbeck che hanno un forte collegamento con i luoghi in cui lui visse: “Tortilla Flat” (1935), in italiano “Pian della Tortilla” (varie edizioni di Bompiani, l’ultima che ho trovato è del 2014), e “Cannery Row” (1945) (in italiano “Vicolo Cannery”, varie edizioni di Bompiani e Mondadori).
 
Qui però non stiamo più parlando di Salinas, la piccola città in una valle agricola fra le montagne della California, ma piuttosto di Monterey, sulla costa dell’Oceano Pacifico.
Monterey era un villaggio di pescatori (alcuni anche italiani, credo di origine siciliana) negli anni ‘30, all’epoca in cui ci visse Steinbeck. Il paese era abitato da una pittoresca mescola di nazionalità: imprenditori della pesca giapponesi, immigranti cinesi, lavoratori nelle fattorie di sardine arrivati dagli stati del centro degli Stati Uniti in conseguenza delle tempeste di sabbia (i “Dust Bowl” che furono l’origine della storia raccontata in “Furore”), anglo sassoni, e una considerevole comunità messicana, i cosiddetti “paisanos”.
E sono i paisanos i protagonisti di “Pian della Tortilla”, una fittizia area del territorio di Monterey inventata da Steinbeck, nelle colline a ridosso del paese. È evidente che Steinbeck conosceva la comunità di paisanos e ne scrisse con ammirazione: per lui, che apparteneva all’élite anglosassone, i paisanos costituivano una società più semplice, priva di ambizioni, e più concentrata sulle necessità contingenti della vita. Intuisco che invidiava la loro libertà, e che li rispettava. Ma questo non gli risparmiò forti critiche, a partire dagli anni 1960, e l’accusa di promuovere un pregiudizio comune ai suoi tempi, secondo il quale tutti i messicani erano pigri, e disonesti.
Invece con “Vicolo Cannery” Steinbeck volge il suo sguardo al mare; mare che lui aveva sempre amato, a tal punto che uno dei personaggi principali del romanzo è un biologo marino (“Doc”), chiaramente ispirato a Edward Ricketts, un amico di Steinbeck con il quale lo scrittore mantenne una stretta relazione sino alla morte di Ricketts, in un incidente stradale, nel 1948. Ricketts aveva un laboratorio di biologia marina a Monterey e, insieme a Steinbeck, organizzarono varie spedizioni esplorative della biologia marina nel Mare di Cortez nella Baja California.

I cavalli, le colline, e i cowboys in “Il Pony Rosso”; le comunità messicane in “Pian della Tortilla”; e l’Oceano Pacifico e i suoi abitanti umani ed animali in “Vicolo Cannery”: Steinbeck trasse continuamente ispirazione dall’ambiente in cui visse e, con mano sicura e una penna precisa, si servì dei luoghi, dei personaggi, e dei colori della sua California per scrivere le sue opere.
Steinbeck non fu sempre apprezzato nella sua terra: soprattutto dopo la pubblicazione di “Furore”, fu accusato di essere comunista, e a Salinas si bruciarono i suoi libri. Ma malgrado questi avvenimenti, Steinbeck non smise mai di scrivere della sua California.
Ed è forse questo forte legame con la sua terra, e con la sua gente, che, negli anni a venire, assicurò a Steinbeck la fama di grande scrittore.

 
2
recensioni
Patrizia Del Carretto
24 Feb 2022
Grazie, le tue recensioni sono sempre interessanti
Furore mi è piaciuto moltissimo e adesso leggerò i romanzi che tu ci segnali
Mario
20 Feb 2022
Io di Steinbeck finora avevo letto solo The Wayward Bus (come tradurre il titolo? Il Torpedone Testardo?) e, più recentemente C'era una volta una guerra, che merita assolutamente. In uno dei racconti di questa raccolta c'è una descrizione di una Napoli bombardata ed abbandonata davvero impressionante.
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