Dentro l'architettura - Il Biscione - gli scompaginati

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Dentro l'architettura - Il Biscione

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a cura di Valeria Lelli
FORTE QUEZZI

Ovvero: da molto lontano a...sotto casa!

Ebbene si, il Biscione; proprio quel serpentone di cemento che sentite  incombere alle vostre spalle, seppur ormai completamente integrato nel vostro vissuto urbano; ebbene si, il Biscione, che immagino la quasi totalità di voi associ esclusivamente a degrado sociale, delinquenza, isolamento. Proprio quello, perché voglio provare a stimolarvi a guardarlo con occhi diversi e magari, chissà, aiutarvi a scoprire i suoi pregi, invisibili ai più.
Premetto, con assoluta onestà, che l'operazione, già tentata, non mi è riuscita con l'illustre Scompaginato (:)) col quale mi inerpicai anni fa sulle alture nella  battuta di caccia fotografica all'origine delle immagini che illustrano queste mie righe.....ma non desisto!
Per iniziare ritengo necessario precisare che l'osservatore di una architettura, prima di lanciarsi in giudizi, dovrebbe ricordare o chiedersi quale fosse il brief del progettista, l'oggetto preciso dell'incarico (in questo caso un insediamento residenzale destinato ad ospitare 4.400 persone) e quali altre opzioni avesse per soddisfarlo.
Ebbene, correva l'anno 1949, mese di Febbraio quando i Provvedimenti per incrementare l'occupazione operaia agevolando la costruzione di case per lavoratori, promossi  da Amintore Fanfani, allora ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, diedero origine al cosiddetto Piano INA-CASA, avviando un processo che in soli sette anni coinvolse 300.000 operai del settore edile nella edificazione di un totale di 147.000 alloggi sull'intero territorio nazionale. Il successo di questa prima tranche di interventi determinò la proroga dell'iniziativa, ed è in questa seconda fase che si colloca l'intervento genovese, di cui Manfredo Tafuri, noto storico dell'architettura, ha scritto "forse il più spettacolare complesso residenziale del secondo settennio INA-CASA."
Ne tira le fila Luigi Carlo Daneri (1900-1972), già da tempo attivo sul territorio urbano (portano la sua firma i ben noti edifici di Piazza Rossetti) coadiuvato dal suo vice Eugenio Fuselli, e da un pool di altri progettisti fra i quali non possiamo non menzionare Angelo Sibilla: il nome vi dice qualcosa? Infatti! illustre papà di tre Scompaginati :) :).
Non sono riuscita ad evincere con assoluta certezza, neanche confrontandomi con Antonio, a chi fosse dovuta la scelta del sito, 200.000 mq di terreno su un declivio esposto ai venti ma anche ad una vista mozzafiato sulla città. Furono insomma gli Uffici Urbanistici del Comune a sceglierlo, come normalmente avviene, o il pool di progettazione sopra definito? Elemento non secondario per le nostre valutazioni, come avrò modo di illustrare oltre.
In ogni caso: immaginate quale possa essere l'impatto di almeno un migliaio di famiglie dislocate in un congruo numero di classiche palazzine che ne ospiti una decina, o, peggio ancora, (lo cito pur consapevole che non sia un nostro modello abitativo) in case a schiera unifamiliari. Riuscite a immaginare il consumo di territorio, i km di reti impiantistiche  (fognarie, elettriche, idriche etc), l'impatto delle strade?

E se queste erano, e lo sapete tutti, le valide ragioni che hanno portato Le Corbusier a promuovere le sue unités d'habitation (prima a Marsiglia e poi altrove), a maggior ragione come tali valevano su un territorio impervio e ingeneroso come il nostro.
Sicché Daneri, prendendo a prestito un altro riferimento di Le Corbusier, e cioè il Plan Obus per Algeri, decide, sul modello dell'unité, di concentrare in un unico edificio (furono poi in tutto 5) le unità abitative, e lo flette e modula per fargli seguire le curve di livello del terreno, come si legge perfettamente nelle viste aeree.

Il piano urbanistico di Le Corusier per Algeri
(Plan Obus)
Ma, se posso permettermi una critica al grande maestro (e se posso fermarmi ai disegni tecnici: purtroppo non ha mai visitato le unités)...... Daneri fa meglio (!).
Le unités di Le Corbusier sono abitazioni in duplex, cioè articolate su due piani, fra loro incastrate come due L. I corridoi di accessi agli appartamenti sono dislocati ogni due piani. La profondità totale dell'edificio è di circa 20 metri: ciò significa che le cucine, dislocate verso il centro, sono presumibilmente piuttosto buie, e così pure le camere "dei ragazzi", per di più già penalizzate da una esigua larghezza  (pari a circa 2 mt: per noi il minimo da Regolamento Edilizio è 2,5 mt). Inoltre la distribuzione degli appartamenti, implica inevitabilmente affacci diseguali: laddove un piano ha una felice esposizione (ore di sole e luce) per il soggiorno, quello sopra offre la stessa esposizione per una camera da letto, condannando il soggiorno sul fronte opposto ad ore di buio. Infine - e qui però, come ho anticipato, posso solo ipotizzare - immagino l'effetto alienante dei lunghi corridoi di accesso, impersonali e, credo, inevitabilmente bui.

Vista dell'unitè

Uno dei corridoi dell'unitè
Unitè d'habitation:
Sezione trasversale e piante dei tre livelli tipo
Non così per il "Biscione" - e stavolta parlo per esperienza diretta, avendo redatto le certificazioni energetiche di un paio di appartamenti: tutti indistintamente beneficiano di soggiorno e camera con balcone e strepitosa vista mare, e tutti hanno cucina e seconda camera sul retro. Inoltre i vari corpi scala (questa che vi allego è una mia ricostruzione: gli appartamenti su una colonna potrebbero essere di taglio diverso) servono solo due appartamenti per piano (ci sono cioè parecchi numeri civici) e questo conferisce una scala più umana e maggiore intimità ai singoli blocchi abitativi. Le macchine sono parcheggiate e circolano a piano strada, mentre gli accessi ai singoli civici sono situati su un livello superiore, in corrispondenza di un ampio spazio, a felice disposizione dei giochi e dei giri in bici in piena sicurezza dei bambini.
Va bene, tutto bellissimo, però non ha funzionato, obietterete voi: è vero, non posso negarlo, ma è doveroso cercarne le ragioni. Che risiedono essenzialmente nell'isolamento in cui il Biscione è stato abbandonato: una simile scelta urbanistica (e qui mi ricollego ai miei interrogativi di prima) andava coadiuvata e sostenuta su tutti i fronti. Servivano collegamenti urbani frequenti e agevoli, servivano negozi, asili, una biblioteca di quartiere, una chiesa (che è stata costruita, ma molto più tardi) e tutto quello che permette ad una comunità di vivere in modo confortevole e soprattutto aggregata all'insegna di una identità fortemente cercata e felicemente trovata.
Invece, come mi ha raccontato una coetanea che in quelle case è nata e vissuta per molti anni, questa comunità venne abbandonata a sé stessa, in particolare dopo il colpo ferale assestato al complesso dall'alluvione del '70: una grossa frana portò al crollo parziale di uno degli edifici, ed il fatto, cui il Comune reagì con scarsa solerzia, innescò gradualmente una sostituzione sociale che portò il complesso  al degrado che conosciamo oggi; molte delle famiglie, che, si erano insediate assieme e fino a quel momento avevano goduta di una  serena dimensione comunitaria, disertarono, svendendo o comunque abbandonando le loro proprietà a prezzi/canoni irrisori, presumibilmente a soggetti già emarginati altrove. Fenomeno ben noto, che, in un circolo vizioso ha determinato a Genova, come altrove, il degrado di ampie porzioni urbane, soprattutto nel centro storico.

Però...però il Biscione mostra ancora la tempra di un edificio ben costruito: i cementi armati tengono, le superfici a vista sono integre, gli impianti possono essere rinnovati dai singoli senza spese eccessive, ed io gli auguro di cuore che scelte amministrative intelligenti riescano a promuoverne il recupero e a fargli conquistare anche nell'immaginario urbano il posto che già i testi di storia dell'architettura gli hanno accordato.
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1
recensione
Anna
10 Lug 2020
Ma che interessante Valeria! Ne sapevo pochissimo. L’analisi comparata, i pregi ed i difetti di una costruzione che ha sempre colpito chi alza gli occhi verso le nostre colline. Ricordo bene la frana...e la ferita lasciata senza interventi per lungo tempo. Bellissime anche le foto. Grazie!
Gli Scompaginati - circolo di lettura - via assarotti 39 - genova ITALY
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