Le vostre opinioni su L'ARTE DI PERDERE
I LIBRI CHE ABBIAMO LETTO
“L'arte di perdere”, di Alice Zeniter, Prix Goncourt des Lycéens nel 2017.
Così ce ne ha parlato Paola:
L'autrice, classe 1986, é una cittadina francese di origine algerina, ed in questo romanzo racconta - attingendo ampiamente alla storia della propria famiglia - l'epopea di una famiglia algerina, travolta dal conflitto franco – algerino: si parte da Ali, nativo di un piccolo villaggio perso nelle montagne, che si è faticosamente costruito uno status di benessere economico lavorando come olivicoltore ed é così divenuto un “notabile” del suo villaggio, che si trova di colpo minacciato sia dei combattenti del Fronte di Liberazione Nazionale che dall'esercito francese, in una situazione che non ammette vie di uscita, e perciò é costretto a rifugiarsi in Francia, per sempre segnato dal marchio del “traditore”, e di nuovo povero; per poi proseguire con le vicende della difficile integrazione del figlio di Ali, Hamid, che per sentirsi francese deve ripudiare integralmente il mondo del padre, ed infine della nipote Naima, precipitata in una crisi identitaria da tutti i “non detti” che pesano sulla famiglia.
E' un romanzo di gran fascino perchè fin dalle prime pagine si respira a pieni polmoni l'atmosfera della “Storia” con la S maiuscola, quella che spazza via le vite dei singoli come fossero formiche, che cambia tutte le prospettive da un giorno all'altro, atmosfere e prospettive che ricordano, per citare romanzi che abbiamo letto insieme e ci sono piaciuti, “Il club degli incorreggibili ottimisti” di Guenassia, “Ci rivediamo lassù” di Lemaitre e “Patria” di Aramburu.
3 recensioni
Valeria
20 Set 2020
Ringrazio Iolanda e Mario che mi hanno preceduto con le loro osservazioni acute e attente e che mi offrono quindi lo spunto per spostare ancora oltre il mio sguardo. Inizio col dire che il libro mi è piaciuto moltissimo; la mia opinione insomma è senz'altro allineata più con quella di Iolanda che con quella di Mario. Ne ho amato la struttura, l'idea cioè di centrare il racconto su tre protagonisti molto diversi che si muovono in tre contesti diversi (i paesaggi assolati dell'Algeria, le strade fangose dei campi profughi, la contemporaneità forse asettica di Parigi) ed è probabilmente vero che dei tre momenti storici quello che alla fine riesce a coinvolgere meno è quello attuale. Però ho trovato che il romanzo riesca a svelare magistralmente una verità che ignoravo, e cioè che, schiacciati fra i due grandi protagonisti delle migrazioni, così come i giornali ce li raccontano oggi - i migranti da una parte e le popolazioni che li accolgono dall'altra - c'è stata in Francia (e può esistere altrove) una piccola minoranza guardata con sospetto se non con odio da entrambi: e l'idea che possa bastare una data di arrivo ("Sono qui dal1962") per scaraventarti, davvero, nello scarto di questo ristretto spazio, mi ha davvero impressionato. Per questo non mi è mancato conoscere gli stati d'animo di Naima: è la complessa rimozione del padre la vera protagonista del romanzo, ed è il riportarla alla luce il ruolo di Naima, che trovo quindi perfettamente coerente con la logi...
Mario
20 Set 2020
Dopo la saga tricologica di Chamamanda, di nuovo l'Africa, di nuovo una storia di formazione sospesa tra Primo e Terzo Mondo, di nuovo un messaggio di fiducia nella forza e nel carattere delle donne. Speravo che il libro mi spiegasse un po' meglio che cosa passa nella testa e nel cuore di un/una francese musulmano/a di seconda generazione, ma il tema secondo me è passato in secondo piano rispetto alle specifiche problematiche della nostra Bridget Jones magrebina. Narrate bene, ma secondo me poco interessanti. Come avrete capito, mi sono piaciute molto di più la prima e la seconda parte. Molto bella e profonda la storia della "prima sconfitta", quella "politica" di Alì, costretto ad una scelta impossibile tra due forme di violenza.
Iolanda
20 Set 2020
Ho iniziato questo libro un po’ scettica (si apre con la storia della conquista dell’Algeria da parte della Francia scritta in maniera un po’ tanto didattica e un filo noiosa), l’ho finito pensando che probabilmente lo inserirò nelle mie personali top 10 degli ultimi anni.
Vi risparmio la trama già raccontata da Paola.
L’arte di perdere è un libro scritto bene, con passione, con poesia, con delicatezza e tocca diversi piani, quello politico, quello storico, quello sociale e lo fa con tanti punti vista grazie alla scansione temporale divisa su 3 generazione dagli anni 50 ai giorni nostri. Ma cosa è questa arte di perdere?
Per Alì, il protagonista della prima parte, è la scelta sbagliata, che lo porta a perdere la Patria, la sua terra, la sua ricchezza, ma soprattutto il suo status, la sua fierezza, la sua autorevolezza, il suo essere padre e capofamiglia, perde persino la sua prestanza fisica.
Per Hamid, protagonista della seconda parte, è la scelta di non ricordare, che lo porta a perdere la memoria, la sua famiglia di origine, l’eredità culturale, ideologica e affettiva da lasciare alle sue figlie.
Per Naima, protagonista della terza parte, e che si confonde spesso con la narratrice, è il rischio di perdere la sua sicurezza, la sua quotidianità e libertà, ma lei (una donna…) per fortuna sceglie la strada giusta tornando in un’Algeria diversa, colta, intellettuale e chiudendo il cerchio della sua famiglia.
Durante l...
Vi risparmio la trama già raccontata da Paola.
L’arte di perdere è un libro scritto bene, con passione, con poesia, con delicatezza e tocca diversi piani, quello politico, quello storico, quello sociale e lo fa con tanti punti vista grazie alla scansione temporale divisa su 3 generazione dagli anni 50 ai giorni nostri. Ma cosa è questa arte di perdere?
Per Alì, il protagonista della prima parte, è la scelta sbagliata, che lo porta a perdere la Patria, la sua terra, la sua ricchezza, ma soprattutto il suo status, la sua fierezza, la sua autorevolezza, il suo essere padre e capofamiglia, perde persino la sua prestanza fisica.
Per Hamid, protagonista della seconda parte, è la scelta di non ricordare, che lo porta a perdere la memoria, la sua famiglia di origine, l’eredità culturale, ideologica e affettiva da lasciare alle sue figlie.
Per Naima, protagonista della terza parte, e che si confonde spesso con la narratrice, è il rischio di perdere la sua sicurezza, la sua quotidianità e libertà, ma lei (una donna…) per fortuna sceglie la strada giusta tornando in un’Algeria diversa, colta, intellettuale e chiudendo il cerchio della sua famiglia.
Durante l...