La stanza della poesia - gli scompaginati

Vai ai contenuti

La stanza della poesia

RUBRICHE
a cura di Patrizia Veroli

PIER PAOLO PASOLINI

1922-1975

Il pianto della scavatrice

I

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia

il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato

della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,

scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche

le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d’esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri

piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti

agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare

ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri – in tuta o coi calzoni

di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori

chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.

Stupenda e misera città,
che m’hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d’estate;

a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono

fratelli proprio nell’avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare

esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognuno, era il mondo.

Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra

muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette

lassù, un po’ di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell’estate.
Trastevere, in un odore di paglia

di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide

risuonano d’incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
– sotto festoni di luci ormai sole –

verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l’anima era invasa

quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.

Da Le ceneri di Gramsci, 1957

se vuoi estrarre le uscite precedenti clicca qui
34
recensioni
Alessandra
12 Lug 2020
Ho conosciuto questa poesia tanti anni fa in una bellissima mostra sull arte e la cultura africana. Da allora non l ho mai più abbandonata. La condivido spesso in occasione di lutti e la trovo molto più consolatorio di tante prediche inutili. I miei cari sanno che quando partirò io questa sarà la lettura.
Grazie per aver contribuito a farla conoscere
Valeria
12 Lug 2020
Grazie cug, per chi non avesse dimestichezza col francese, ecco la traduzione

Ascolta più spesso
Le cose che gli esseri umani
Dà retta alla voce del fuoco,
Dà retta alla voce dell’acqua.
Ascolta nel vento gli arbusti in singhiozzi:
È il respiro degli Antenati.

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati:
Sono nell’ombra che si disperde,
E nell’ombra che s’addensa.
I morti non sono sotto la terra:
Sono nell’albero che freme
Sono nel bosco che geme,
Sono nell’acqua corrente,
Sono nell’acqua stagnante,
Sono nella capanna, sono in mezzo alla folla:
I morti non sono morti.

Ascolta più spesso
Le cose che gli esseri umani.
Dà retta alla voce del fuoco,
Dà retta alla voce dell’acqua.
Ascolta nel vento gli arbusti in singhiozzi:

È il respiro degli Antenati morti,
Che non se ne sono andati
Che non sono sotto la terra
Che non sono morti.

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati:
Sono nei seni della donna,
Sono nel bimbo che vagisce
E nel tizzone che s’infiamma.
I morti non sono sotto la terra:
Sono nel fuoco che s’estingue,
Sono nelle erbe che piangono,
Sono nelle pietre che gemono,
Sono nella foresta, sono nella casa,
I morti non sono morti.

Ascolta più spesso
Le cose che gli esseri umani
Dà retta alla voce del fuoco,...
Valeria
05 Lug 2020
Domenica scorsa l'estate oggi il mattino... Davvero è il nostro sguardo che sa dare corpo ed emozioni alle cose di tutti i giorni su cui si posa.....
Mario Tuttobene
28 Giu 2020
Bellissima. Come spesso succede nella poesia russa e in certi film di Tarkovskij: una serie di immagini struggenti, un'affascinante enigma da decifrare, il senso della vita nascosto dietro l'ultimo verso, ma sempre irraggiungibile
Precedente 2 ... 6 7
Gli Scompaginati - circolo di lettura - via assarotti 39 - genova ITALY
Gli Scompaginati - circolo di lettura via assarotti 39 - genova ITALY
Torna ai contenuti