In giro con Mario - gli scompaginati

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In giro con Mario

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a cura di Mario Tuttobene




Dino Risi


Il Sorpasso (1962)

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Questa mattina Ricardo ha pubblicato sulla nostra pagina un bellissimo articolo su Il Sorpasso, ed io non posso perdere l'occasione per contribuire a celebrare il mio film preferito.


Rispetto alle tante cose interessanti che ha scritto Ricardo io vorrei aggiungere una sola considerazione: Il Sorpasso è, oltre a tutto, un film di una bellezza formale assoluta per quanto riguarda la fotografia.


Considerate le sequenze iniziali che si svolgono in una Roma deserta per Ferragosto, un un'atmosfera surreale e sottilmente inquietante. Tra le tante vorrei ricordarne una:



a voi non dà la vertigine questo insieme di linee convergenti su due punti di fuga sfasati? Puro jazz visuale.


Ma la scena che mi fa saltare sulla poltrona tutte le volte che guardo il film è quella in cui i Nostri arrivano di notte a casa della ex di Gassman e i personaggi vengono inquadrati dall'esterno della veranda:

 


Una metafora che si apre a mille interpretazioni diverse: le nostre vite incasellate dentro cornici di incomunicabilità, il cinema come finestra su mondi alternativi, lo spettatore come un guardone che cerca di scrutare ed origliare nelle case altrui... Il tutto con una composizione impeccabile.


E poi c'è un'altra sequenza magistrale, da Oscar per la fotografia: mi riferisco alla parte che si svolge a Castiglioncello, sotto il sole agostano (chissà però in che stagione fu girata): una luce impossibile, cui Risi ed i suoi riescono a conferire alle immagini una delicatezza radiosa, che costituisce il fascino dell'unica sequenza in cui Gassman è chiamato a fare i conti con se stesso e con i suoi affetti.




In conclusione, quello che mi sbalordisce sempre in questo film è vedere come esso "funzioni" sotto i più diversi aspetti, riuscendo anche ad essere, tra l'altro, una commedia di grande successo da più di sessant'anni.


Il miracolo di un genio nazionale di cui si è perso il DNA.


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recensioni
Patrizia Veroli
16 Dic 2020
Mario grande provocatore, che ha tirato in ballo la questione delle questioni, quando una foto o qualsiasi altro manufatto è arte e quando non lo è
Mario
15 Dic 2020
@Valeria: Come tu ben sai, il fotografo per me conta poco. La classica metafora del cacciatore di immagini, a mio avviso, andrebbe rivista un po' al ribasso: il fotografo è essenzialmente un pescatore, che si piazza al posto giusto ed aspetta che il pesce-referente abbocchi. O per meglio dire, questi sono i fotografi che piacciono a me. Poi, certo, ci sono gli Artisti....
Valeria
14 Dic 2020
E per integrare quanto scritto da Pat, a volte ci raccontano qualcosa, magari attraverso minuscoli dettagli, una verità diversa da quella che credevamo acquisita.... Ma quanto conta il fotografo, Mario, nella ricostruzione di questa verità?
giorgio martino
13 Dic 2020
... adoro quello che pubblichi!
Mario
13 Dic 2020
Hai ragione Patrizia, ed è interessante notare che in questo suo presentarsi come oggetto "magico", prodigiosa e delicata icona di un passato che non c'è più, in questa materialità della fotografia stampata (meglio se di piccolo formato, magari sgualcita e sbiadita dal tempo passato), in tutto questo, dicevo, sta ancora la più grossa differenza tra la fotografia analogica e quella digitale
Gli Scompaginati - circolo di lettura - via assarotti 39 - genova ITALY
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