In giro con Mario
Dino Risi
Il Sorpasso (1962)
Questa mattina Ricardo ha pubblicato sulla nostra pagina un bellissimo articolo su Il Sorpasso, ed io non posso perdere l'occasione per contribuire a celebrare il mio film preferito.
Rispetto alle tante cose interessanti che ha scritto Ricardo io vorrei aggiungere una sola considerazione: Il Sorpasso è, oltre a tutto, un film di una bellezza formale assoluta per quanto riguarda la fotografia.
Considerate le sequenze iniziali che si svolgono in una Roma deserta per Ferragosto, un un'atmosfera surreale e sottilmente inquietante. Tra le tante vorrei ricordarne una:
a voi non dà la vertigine questo insieme di linee convergenti su due punti di fuga sfasati? Puro jazz visuale.
Ma la scena che mi fa saltare sulla poltrona tutte le volte che guardo il film è quella in cui i Nostri arrivano di notte a casa della ex di Gassman e i personaggi vengono inquadrati dall'esterno della veranda:
Una metafora che si apre a mille interpretazioni diverse: le nostre vite incasellate dentro cornici di incomunicabilità, il cinema come finestra su mondi alternativi, lo spettatore come un guardone che cerca di scrutare ed origliare nelle case altrui... Il tutto con una composizione impeccabile.
E poi c'è un'altra sequenza magistrale, da Oscar per la fotografia: mi riferisco alla parte che si svolge a Castiglioncello, sotto il sole agostano (chissà però in che stagione fu girata): una luce impossibile, cui Risi ed i suoi riescono a conferire alle immagini una delicatezza radiosa, che costituisce il fascino dell'unica sequenza in cui Gassman è chiamato a fare i conti con se stesso e con i suoi affetti.
In conclusione, quello che mi sbalordisce sempre in questo film è vedere come esso "funzioni" sotto i più diversi aspetti, riuscendo anche ad essere, tra l'altro, una commedia di grande successo da più di sessant'anni.
Il miracolo di un genio nazionale di cui si è perso il DNA.
Tanto per cambiare, mi trovi pienamente d'accordo. Io sono un "sintetico", molto più intuitivo che deduttivo, e, lavorando più di pancia, non posso che abbracciare questa modalità sintetica di analisi e rappresentazione, anche fotografica, di un manufatto architettonico, sia che si cataloghi tra le "opere" che tra gli "orrori".
La complessità di analisi di un edificio richiede la conoscenza di una articolata lista di elementi e strumenti che non sono immediatamente a disposizione di tutti, talvolta anche dei professionisti.
La sintesi di un "occhio sensibile" ed attento può quindi, con una sola immagine evocativa, rimandare direttamente all'anima del manufatto.
... ma alla fine non è lo stesso per il ritratto di un volto o lo scorcio di un paesaggio o il dettaglio grafico di una vista? sarebbe come sentire il bisogno di affiancare ad ognuna di queste immagini (ritratto, paesaggio, composizione...etc...) anche uno scatto da un drone o un campo lungo per definire tutti gli insiemi. Sarebbe una ridondanza inutile e forse dannosa.
Da qualche anno ho capito che il tempo "da queste parti" è poco e, con grande rischio di errore, ho preferito affidarmi alla sintesi che allo studio pedissequo e super analitico di ogni cosa che mi si presenta davanti; mi perderò certamente tanto ma, alla fine, viaggio molto di più