In giro con Mario - gli scompaginati

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In giro con Mario

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a cura di Mario Tuttobene




Dino Risi


Il Sorpasso (1962)

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Questa mattina Ricardo ha pubblicato sulla nostra pagina un bellissimo articolo su Il Sorpasso, ed io non posso perdere l'occasione per contribuire a celebrare il mio film preferito.


Rispetto alle tante cose interessanti che ha scritto Ricardo io vorrei aggiungere una sola considerazione: Il Sorpasso è, oltre a tutto, un film di una bellezza formale assoluta per quanto riguarda la fotografia.


Considerate le sequenze iniziali che si svolgono in una Roma deserta per Ferragosto, un un'atmosfera surreale e sottilmente inquietante. Tra le tante vorrei ricordarne una:



a voi non dà la vertigine questo insieme di linee convergenti su due punti di fuga sfasati? Puro jazz visuale.


Ma la scena che mi fa saltare sulla poltrona tutte le volte che guardo il film è quella in cui i Nostri arrivano di notte a casa della ex di Gassman e i personaggi vengono inquadrati dall'esterno della veranda:

 


Una metafora che si apre a mille interpretazioni diverse: le nostre vite incasellate dentro cornici di incomunicabilità, il cinema come finestra su mondi alternativi, lo spettatore come un guardone che cerca di scrutare ed origliare nelle case altrui... Il tutto con una composizione impeccabile.


E poi c'è un'altra sequenza magistrale, da Oscar per la fotografia: mi riferisco alla parte che si svolge a Castiglioncello, sotto il sole agostano (chissà però in che stagione fu girata): una luce impossibile, cui Risi ed i suoi riescono a conferire alle immagini una delicatezza radiosa, che costituisce il fascino dell'unica sequenza in cui Gassman è chiamato a fare i conti con se stesso e con i suoi affetti.




In conclusione, quello che mi sbalordisce sempre in questo film è vedere come esso "funzioni" sotto i più diversi aspetti, riuscendo anche ad essere, tra l'altro, una commedia di grande successo da più di sessant'anni.


Il miracolo di un genio nazionale di cui si è perso il DNA.


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recensioni
Mario
22 Nov 2021
Grazie Giorgio per il tuo commento. Hai ragione, forse tutta la fotografia, e non solo quella architettonica, alla fine può essere considerata semplicemente come la selezione di un aspetto parziale di una realtà più ampia, e la valorizzazione di quell'aspetto come rappresentazione del tutto. La fotografia come sineddoche?
giorgio
21 Nov 2021
Ciao Mario, come al solito non vedevo l'ora di trovare una tua nuova "scelta".
Tanto per cambiare, mi trovi pienamente d'accordo. Io sono un "sintetico", molto più intuitivo che deduttivo, e, lavorando più di pancia, non posso che abbracciare questa modalità sintetica di analisi e rappresentazione, anche fotografica, di un manufatto architettonico, sia che si cataloghi tra le "opere" che tra gli "orrori".
La complessità di analisi di un edificio richiede la conoscenza di una articolata lista di elementi e strumenti che non sono immediatamente a disposizione di tutti, talvolta anche dei professionisti.
La sintesi di un "occhio sensibile" ed attento può quindi, con una sola immagine evocativa, rimandare direttamente all'anima del manufatto.
... ma alla fine non è lo stesso per il ritratto di un volto o lo scorcio di un paesaggio o il dettaglio grafico di una vista? sarebbe come sentire il bisogno di affiancare ad ognuna di queste immagini (ritratto, paesaggio, composizione...etc...) anche uno scatto da un drone o un campo lungo per definire tutti gli insiemi. Sarebbe una ridondanza inutile e forse dannosa.
Da qualche anno ho capito che il tempo "da queste parti" è poco e, con grande rischio di errore, ho preferito affidarmi alla sintesi che allo studio pedissequo e super analitico di ogni cosa che mi si presenta davanti; mi perderò certamente tanto ma, alla fine, viaggio molto di più
Valeria
01 Nov 2021
A me invece Le radeau de la meduse di Géricault!
Anna
01 Nov 2021
Figura mistica veramente! Ricorda le crocifissioni, per esempio e per la posizione delle gambe, delle tele del Van Dyck. Grazie Mario
Ricardo Preve
30 Ott 2021
Ciao Mario, confermo come americano, e come sub nei cenotes che quello che dici è corretto. Uno dei problemi che bisogna affrontare è che in certi cenotes (non questo che è collegato all'esterno), quelli molto profondi e non spesso visitati, l'acqua è cosi priva di sedimenti (essendo indisturbata per secoli), che a certa gente vengono i vertigo (si dice cosí in italiano?), perché perdi il senso di essere nell'acqua e sembra di essere sospesi nell'aria. Ovviamente per entrare nei cenotes ci vuole un addestramento, e una attrezzatura speciale - è la specialità sub che più gente uccide. Io ho fatto il brevetto solo sino al primo livello.
Gli Scompaginati - circolo di lettura - via assarotti 39 - genova ITALY
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